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Le divise postali nel Regno d’Italia, assolutamente militaresche Ci sono gli “agenti” come il portalettere e il fattorino e ci sono gli ufiziali (direttori di uffici).

Basta scorrere le fotografie dell’epoca per rendersi conto di come le divise postali del Regno d’Italia siano di foggia spiccatamente militare. Non è un caso.
Uno dei problemi affrontati dal 1861 è quello dell’organizzazione degli apparati burocratici delle diverse amministrazioni statali. Viene adottato un “modello piramidale-gerarchico, di stretta aderenza tra i vari livelli della piramide, nel quale il livello inferiore obbedisse ciecamente a quello superiore (…) il ministro doveva necessariamente essere l’unico centro legittimato di decisione. Il resto dell’apparato da lui dipendente doveva esclusivamente eseguire i suoi ordini. Senza autonomia e senza libertà alcuna, senza poter decidere niente”. Il virgolettato è dello storico Guido Melis (in “Fare lo Stato, fare gli italiani”, Il Mulino, Bologna, 2014) che aggiunge: “Tradizione militarista, è stato scritto”.
 
Di foggia militare, dunque, le divise del personale delle varie amministrazioni, Poste e Telegrafi inclusa. Anche la classificazione del personale riflette questa impostazione. Ci sono gliagenti” come il portalettere e il fattorino e ci sono gli ufiziali (direttori di uffici). Fra gli agenti, il “brigadiere del portalettere” con il compito di controllare che, nel consegnare la posta, il portalettere non si distraesse, non si fermasse e non facesse qualche deviazione per sbrigare faccende personali.
 
Con questa impostazione deve essere immediatamente evidente il grado, la qualifica, il ruolo di ogni dipendente. Da qui una grande attenzione alla divisa e a quanto serva a segnalare l’appartenenza al servizio telegrafico o postale, e poi il grado, la posizione gerarchica dei dipendenti.
 
Nel 1923 la divisa degli agenti subalterni (commessi, portalettere, fattorini del Telegrafo, vuotacassette, messaggeri, brigadieri) porta come elementi distintivi quello del servizio di appartenenza e il grado.
Il distintivo di servizio consiste:
  • in una placca metallica sul berretto diversa a seconda del servizio di appartenenza
  • in una mostrina sul colletto della giubba, rossa per gli addetti alla Posta, cremisi per gli addetti al Telegrafo, arancione per gli addetti al Telefono.
 
Nella divisa del 1901 – quando ancora il servizio telefonico era di là da venire, il servizio di appartenenza si manifestava anche sui pantaloni, “pistagnati in rosso o in cremisi, giusta la distinzione di cui sopra”.
 
Il distintivo di grado compare sulla giubba “e precisamente sulla mostrina di panno colorato sovrapposta al colletto”, sotto forma di due filetti d’argento per brigadieri, capi squadra guardafili telegrafici e telefonici o di oro per i capisquadra “apparecchiatori” e in un solo filetto per i vicebrigadieri, vicemessaggeri e per i sostituti dei capi squadra.
 
Ci sono poi distintivi che evidenziano l’anzianità e il grado, come precisa il Bollettino delle Poste e Telegrafi del 1901: “I messaggeri, i brigadieri, i vicebrigadieri ed i fattorini anziani saranno contraddistinti da una soutache (alamaro) d'argento, applicata al disopra della mostra cremisi e rossa del colletto, larga due centimetri per i messaggeri ed i brigadieri ed un centimetro pei vicebrigadieri ed i fattorini.
 
Ci sarebbero poi le “trecciuole” apposte sul berretto dei titolati degli uffici postali, i distintivi di servizio applicati anche sulla manica della giubba; i fregi a forma di cordoncino in oro per gli impiegati di prima categoria, in argento per quelli della seconda categoria e in lana rossa e argento per quelli della terza; il cordone doppio intrecciato in seta nera… Nessun distintivo, invece, nel 1923, per il personale subalterno femminile che presta servizio all’interno degli uffici e che deve indossare un “grembiale di tela nera”.

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