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Matilde Serao. Un nuovo "episodio" dei Racconti Telegrafici Dal suo impiego come avventizia telegrafista, la Serao trae più di una semplice ispirazione per la novella “Telegrafi dello Stato – sezione femminile”.

Serao Il 25 luglio del 1927 muore Matilde Serao. Un infarto. Mentre scrive. Muore come aveva desiderato. «Questo è il mio mestiere – aveva affermato una volta - Questo è il mio destino. Scrivere fino alla morte.»

Dopo gli studi, la diciottenne Serao s’impiega come avventizia telegrafista, nelle Poste centrali di Napoli, dal 1874 al 1877. Da questa esperienza trae più di una semplice ispirazione per la novella “Telegrafi dello Stato – sezione femminile”, pubblicata nella raccolta del 1886 “Il romanzo della fanciulla”. Henry James e Anthony Trollope avevano ambientato, rispettivamente, un romanzo breve e un racconto sullo sfondo di un ufficio del Telegrafo, con una telegrafista a fare da protagonista. La Serao dipinge un ritratto corale del lavoro e della vita delle telegrafiste e della loro estenuante corsa contro il tempo.

L’orologio è un lusso che non si possono permettere. Anche la multa che viene loro comminata se tardano l’ingresso è un lusso che non si possono permettere. Così si ritrovano a vagare per strada all’alba molto, molto prima del necessario. Magari in una fredda alba invernale in cui, inaspettatamente piove, si gela, indossando un liso paltò, perché altro non possono permettersi per coprirsi adeguatamente. Una corsa contro il tempo anche nel lavoro, perché i telegrammi son di per sé, comunicazioni importanti e urgenti, tutti, e la direttrice della sezione femminile non vuole che le “sue” telegrafiste appaiano meno abili dei colleghi di sesso maschile (in sezione a parte, beninteso) e se le becca un istante a chiacchierare arrivano le reprimende. E le multe.

Serao Si lavora a Natale e in tutte le sante feste comandate. Si lavora come forsennate quando ci sono elezioni, con telegrammi che fioccano da ogni sperduto paesino d’Italia per comunicare i risultati, prima provvisori, poi definitivi, seguiti dai telegrammi di felicitazioni agli eletti e i telegrammi dell’agenzia di stampa Stefani per i giornali.

Quando, sia chiaro, su base volontaria, il Direttore vuole rafforzare e moltiplicare i turni di lavoro per fronteggiare tali emergenze, c’è un moto di ribellione. Non hanno diritto alla pensione. Possono essere licenziate in qualunque momento. Al compimento dei quarant’anni sanno già che dovranno lasciare l’impiego.  

Però, poi, in quei rari momenti in cui le linee tacciono per un fulmine che abbatte le linee, nel buio dello stanzone in cui lavorano, “non potendo né scrivere, né leggere, né ricamare, le ragazze pensavano”.
 
archiviostorico@posteitaliane.it