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Risparmio postale: soldi del popolo che tornano al popolo Arriva nel 1875 l’approvazione della legge che istituisce le Casse di Risparmio postale, dopo anni di acceso dibattito.

C’è voluta tutta la caparbietà del piemontese Quintino Sella, più volte Ministro delle Finanze, per arrivare nel 1875 all’approvazione della legge che istituisce le Casse di Risparmio postale, dopo anni di acceso dibattito.

L’obiettivo è promuovere nella popolazione un comportamento virtuoso e parsimonioso perché "Un popolo vale quanto risparmia", afferma Quintino Sella. Sull’istituzione dei Libretti di risparmio postali si realizza una convergenza fra esponenti politici schierati spesso su fronti diversi. Il progetto è sostenuto anche dal deputato ed economista Luigi Luzzatti: Educare i meno agiati alla previdenza, con la certezza che il sudato risparmio (…) non si sciuperà quando sarà posto sotto la custodia della fede nazionale.
“Sudato risparmio” va preso alla lettera, non come modo dire. I notabili, i possidenti, quanti dispongono di patrimoni consistenti si rivolgono già alle banche. È soprattutto agli altri, al popolo (dal proletariato al ceto impiegatizio, dal contadino all’operaio) che bisogna pensare.

Il Libretto di risparmio postale ha tutte le caratteristiche per diffondersi anche nelle fasce meno agiate della società: l’importo minimo che si può versare è di una lira. Le Poste vengono incontro anche a chi non ce l’ha: perché i centesimi non vadano persi, spesi anziché risparmiati, si possono comprare dei francobolli di pochi centesimi e quando questi francobolli arrivano a formare una lira vengono convertiti in un versamento sul Libretto di Risparmio postale.
Le Poste fanno affiggere manifesti e avvisi, distribuiscono 10.000 opuscoli - che ne illustrano caratteristiche e vantaggi - e promuovono un’iniziativa che coinvolge alunni e insegnanti.  

Dal primo gennaio del 1876 si possono aprire i Libretti di Risparmio in poco più di 600 uffici postali che diventano 2.000 alla fine dello stesso anno e 5.000 nel 1900, per poi continuare ad aumentare fino alla totalità degli uffici. Alla fine del 1876 sui Libretti di Risparmio delle Regie Poste sono depositate circa 100.000 lire (equivalenti a circa 1.000 euro di oggi) al tasso di interesse netto del 3% annuo. Nel 1900 l’ammontare complessivo dei depositi varca la soglia dei 680 milioni di lire (equivalenti a circa 340.000 euro di oggi).
Dal 1925 sono disponibili negli uffici postali anche i Buoni Postali fruttiferi, emessi per importi predefiniti, non trasferibili, sottoscritti e custoditi dai risparmiatori. Agli inizi vennero emessi anche in sterline e dollari, pensando ai connazionali residenti all’estero. Un’espressione arzigogolata per non usare il termine “emigrati”. Perché si emigra da un paese povero, e l’Italia di allora desiderava essere annoverata, invece, fra le grandi potenze europee. Anche se poi, ogni tanto, in pubblicazioni non ufficiali il termine “emigrati” scappava fuori.

Come accade anche oggi, per Libretti e Buoni non ci sono costi di gestione; inoltre, versamenti, prelievi, e anche un’eventuale chiusura, sono gratuiti.
C’è un’altra caratteristica fondamentale che accomuna il risparmio postale degli esordi con quello di oggi. Il fatto che le somme raccolte servano per finanziare la realizzazione di opere pubbliche come accade anche nel secondo dopoguerra, quando lo Stato, grazie anche alla raccolta del risparmio postale, finanzia la ricostruzione delle infrastrutture distrutte, importanti progetti di edilizia popolare, contribuisce al rilancio dell’industria meccanica e sostiene lo sviluppo e la crescita del Pase. Soldi del popolo che tornano al popolo come recitava uno slogan pubblicitario negli anni Sessanta.

Per saperne di più, guarda il documentario Servizi a danaro (Youtube), prodotto alla metà degli anni Cinquanta deal Centro Cinematografico P.T. 
 

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