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Gestire l'invalidità Prestazioni pubbliche, budget, supporti.

Gestire l'invalidità

Perché

La vita è lunga, ma comprende probabilità e imprevisti. Naturalmente, non tutti gli imprevisti richiedono attività di prevenzione o pianificazione, ma alcuni sì e sono quelli che, sebbene siano poco probabili, possono avere conseguenze economiche importanti per l’economia personale.
In questo senso, uno degli imprevisti più difficili e seri da affrontare è la possibilità che si possa rimanere invalidi. Questo tipo di situazione è meno frequente in età da lavoro, lo è di più in pensione; in entrambi i casi, tuttavia, gli effetti possono mettere in crisi la stabilità economica familiare. L’invalidità in età da lavoro genera due effetti contrapposti: la mancanza di redditi e l’aumento delle spese necessarie per vivere. L’inabilità dopo la fine del lavoro o comunque legata all’anzianità richiede cure e spese che possono essere molto rilevanti. In Italia, le persone con più di 65 anni in condizioni di cronicità o mancata autosufficienza sono diversi milioni.
 

Cosa

L’ invalidità può essere causata da malattie o infortuni; si definisce in funzione di tre categorie: la gravità, la persistenza e lo status del cittadino che rimane invalido.
Dal punto di vista della gravità, ci sono invalidità parziali o totali. Si definiscono parziali le invalidità che consentono comunque lo svolgimento di attività lavorative, anche se ridotte. Sono invece considerate totali quelle invalidità che impediscono di fatto di svolgere una qualsiasi attività lavorativa. Nel mondo dell’assistenza pubblica, le invalidità totali sono definite inabilità.
C’è poi il tema della persistenza, ossia della durata della condizione invalidante. Qui, si usa distinguere tra invalidità temporanee, legate ad una causa che può essere risolta mediante cura e ristabilire le condizioni di salute preesistenti, ed invalidità permanenti, quelle che non sono soggette a miglioramento nel tempo e quindi assumono il carattere di durata infinita.
C’è poi lo status del cittadino. In sintesi, se il cittadino non viene considerato un lavoratore, lo status riconosciuto è quelli dell’invalidità civile e le prestazioni assistenziali previste sono molto ridotte, perché derivano dalla fiscalità generale e non si pongono l’obiettivo di rimpiazzare il reddito che viene a mancare, ma quello di offrire un supporto pubblico a qualcuno che comunque non viveva del proprio reddito da lavoro. Se, diversamente, l’invalidità colpisce un lavoratore, le prestazioni vengono calcolate a partire dai contributi versati durante l’attività lavorativa e di norma questo implica importi più sostanziosi. Nel caso in cui si ritenga che l’invalidità possa essere temporanea, l’assistenza pubblica fornisce al lavoratore un assegno ordinario di invalidità, soggetto a verifiche periodiche e a rinnovi se la condizione persiste, Nel caso di invalidità permanente, la prestazione pubblica diviene definitiva, è denominata pensione di inabilità e non è soggetta a revisioni periodiche.
Non tutti coloro che lavorano, tuttavia, hanno diritto ad un assegno di invalidità o ad una pensione di inabilità. Lo status di lavoratore, infatti, si guadagna o si perde in funzione del tempo di inizio e fine della contribuzione lavorativa. Per avere diritto alla pensione di inabilità lavorativa è necessario essere assicurati presso l'INPS da almeno 5 anni, contare su un'anzianità contributiva pari ad almeno 5 anni (260 contributi settimanali), dei quali almeno tre anni (156 contributi settimanali) siano stati versati negli ultimi cinque anni. Questo, concretamente, significa che nei primi cinque anni effettivi (non solari) di lavoro non si fa parte della categoria dei “lavoratori coperti da prestazioni pubbliche assistenziali INPS” e che lo status di “lavoratore” si perde dopo due anni di non occupazione.

Dal punto di vista della misura delle prestazioni pubbliche, il calcolo dell’assegno di invalidità e della pensione di inabilità di un lavoratore deriva in parte dai contributi versati ed in parte da una componente assistenziale che è tipica degli stati moderni e che supporta chi ha bisogno grazie al contributo mutualistico e solidaristico di tutti.
Il motivo per il quale l’invalidità/inabilità sono supportate a livello di assistenza pubblica è semplice: l’impossibilità di lavorare per condizioni invalidanti, infatti, è una delle situazioni economiche più pericolose, perché se da un lato viene a mancare il reddito da lavoro dall’altro le spese quotidiane crescono significativamente, in quanto alle spese di sostentamento si sommano spese mediche per medicinali ed assistenza domiciliare molto rilevanti, mediamente ben più elevate degli importi medi delle pensioni di invalidità che INPS rende pubblici annualmente.

Insomma, il rischio invalidità è quello di vivere a lungo, senza redditi e con spese ben più alti di quelle precedenti. Da qui la necessità di consapevolezza. Il focus tuttavia non è solo sui consumi (e sui redditi necessari per poter spendere) e richiede altre considerazioni: ci sono debiti che una invalidità renderebbe difficile estinguere? O progetti di vita futuri (studio dei figli, acquisto di una casa) che verrebbero messi seriamente in crisi qualora si rimanesse invalidi? Per questo è bene assumere il controllo di situazioni potenzialmente difficili, perché gestire è di gran lunga meglio che subire.
 

Come

La stabilità economica della propria situazione in caso di invalidità, civile o lavorativa è fondamentale.
Quello che dovremmo fare è simulare una situazione di assenza di reddito e spese crescenti (o solo di spese crescenti se siamo pensionati), per capire quale è il grado di resilienza (resistenza alle crisi) che siamo in grado di sviluppare. I passi per comprendere la nostra stabilità sono 4:
  1. In primo luogo, bisogna definire una situazione-obiettivo di stabilità, facendosi una idea dei costi che dovremmo sostenere in caso di gravi inabilità. Per questo, è utile fare una ricognizione sul costo di una assistenza sanitaria domiciliare formata full time (se siamo soli) o part time (se chi vive con noi può farsi carico di qualche necessità quotidiana) e sommare a questo importo quello delle spese quotidiane essenziali di gestione del budget familiare routinario. L’analisi, come anticipato, dovrebbe considerare anche i debiti in corso e i progetti di vita rilevanti.
  2. Fare l’inventario di tutte le risorse economiche delle quali potremmo contare in caso di invalidità, con una particolare cura per quelle periodiche/mensili, che servono a consentirci dignità di vita e cure. Per questo, è bene stimare l’importo delle prestazioni pubbliche e verificare se ci sono altre risorse disponibili.
  3. Confrontare gli obiettivi del punto 1 con le disponibilità del punto 2, verificando quanta parte delle proprie necessità è coperta dalle disponibilità quantificate in precedenza.
  4. Se ci sono delle distanze tra ciò che ci servirebbe e quello che avremmo a disposizione, è bene confrontarsi con il proprio consulente per comprendere come minimizzare, in tutto o in parte, il rischio di non poter far fronte a un evento così rilevante in termini di conseguenze.
 
Riepilogando, per gestire al meglio la situazione in caso di invalidità:
  1. è bene simulare la propria capacità di far fronte a una situazione grave ed inaspettata;
  2. bisogna verificare se si ha diritto o meno ad una prestazione assistenziale pubblica;
  3. è necessario attivare un percorso di pianificazione che, confrontando obiettivi e risorse, ci aiuti a verificare il nostro grado di stabilità e, se insufficiente, ad aumentarlo.