Nel 1847 il diplomatico austriaco principe Klemens von Metternich definisce l’Italia “un’espressione geografica”. Nel 1861, anno di nascita del Regno d’Italia, l’Italia è ancora in fieri. Trentino, il Friuli orientale e Trieste, lo Stato Pontificio non fanno ancora parte del Regno d’Italia.
Ma anche in quei territori che compongono lo stato italiano ordine pubblico e sicurezza sono fonte di preoccupazione. Spostarsi di una quindicina di chilometri significa affrontare un viaggio, con tutti i pericoli del caso. Comunicare è difficile, per l’assenza di una rete stradale e ferroviaria. Il brigantaggio è una delle piaghe che affliggono il Paese e ne mettono a rischio anche la prosperità economica.
Per fare l’Italia le comunicazioni devono essere veloci. Le disposizioni del Re, del Governo devono raggiungere velocemente chi amministra e chi garantisce l’ordine pubblico e la sicurezza sul territorio. Velocemente le informative dei prefetti devono arrivare al Ministero dell’Interno e velocemente le decisioni prese devono essere comunicate e attuate. Il telegrafo elettrico, la grande invenzione dell’Ottocento, permette di scambiare messaggi via cavo a una velocità che per l’epoca ha del miracoloso. Le comunicazioni viaggiano sui fili del telegrafo, di palo in palo, fino a raggiungere tutta l’Italia continentale e, attraverso i cavi sottomarini, anche le isole.
È per questo che nell’esposizione dedicata ai 160 anni di Poste Italiane compaiono i due telegrafi più diffusi nell’Ottocento: il telegrafo “Morse” (1837) e il telegrafo “Hughes” (1855) dotato di una tastiera come quella di un pianoforte, seguito dopo pochi anni da un suo perfezionamento, il telegrafo “Baudot” (1874). Ogni apparato prende il nome del suo inventore.
Il telegrafo di Samuel Morse, quello con il classico tastino, permette di codificare lettere e numeri in sequenze di impulsi elettrici di diversa durata che vengono trasmessi fino all’ufficio telegrafico di destinazione, dove linee e puntini tornano ad essere lettere e numeri, così da stampare in chiaro il telegramma, pronto per la consegna al destinatario.
Un altro americano, Hughes, perfeziona l’invenzione di Morse progettando un telegrafo che ha due caratteristiche innovative. Lettere e numeri vengono trasmessi in chiaro e non devono essere convertiti prima della trasmissione e dopo la ricezione in segnali composti da linee e punti. Inoltre, anziché usare il classico tastierino azionato da un dito, si ricorre a una tastiera come quella di un pianoforte in cui ad ogni tasto e combinazione di tasti corrispondono a lettere e numeri. Il che permette di digitare usando tutte le dita e di scrivere molto più velocemente, fino a 1.500 parole in un’ora.
Il Telegrafo favorisce l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, ispira romanzi e racconti di scrittori e scrittrici. Per saperne di più, ci sono le pagine dei “racconti telegrafici”.
archiviostorico@posteitaliane.it
Ma anche in quei territori che compongono lo stato italiano ordine pubblico e sicurezza sono fonte di preoccupazione. Spostarsi di una quindicina di chilometri significa affrontare un viaggio, con tutti i pericoli del caso. Comunicare è difficile, per l’assenza di una rete stradale e ferroviaria. Il brigantaggio è una delle piaghe che affliggono il Paese e ne mettono a rischio anche la prosperità economica.
Per fare l’Italia le comunicazioni devono essere veloci. Le disposizioni del Re, del Governo devono raggiungere velocemente chi amministra e chi garantisce l’ordine pubblico e la sicurezza sul territorio. Velocemente le informative dei prefetti devono arrivare al Ministero dell’Interno e velocemente le decisioni prese devono essere comunicate e attuate. Il telegrafo elettrico, la grande invenzione dell’Ottocento, permette di scambiare messaggi via cavo a una velocità che per l’epoca ha del miracoloso. Le comunicazioni viaggiano sui fili del telegrafo, di palo in palo, fino a raggiungere tutta l’Italia continentale e, attraverso i cavi sottomarini, anche le isole.
È per questo che nell’esposizione dedicata ai 160 anni di Poste Italiane compaiono i due telegrafi più diffusi nell’Ottocento: il telegrafo “Morse” (1837) e il telegrafo “Hughes” (1855) dotato di una tastiera come quella di un pianoforte, seguito dopo pochi anni da un suo perfezionamento, il telegrafo “Baudot” (1874). Ogni apparato prende il nome del suo inventore.
Il telegrafo di Samuel Morse, quello con il classico tastino, permette di codificare lettere e numeri in sequenze di impulsi elettrici di diversa durata che vengono trasmessi fino all’ufficio telegrafico di destinazione, dove linee e puntini tornano ad essere lettere e numeri, così da stampare in chiaro il telegramma, pronto per la consegna al destinatario.
Un altro americano, Hughes, perfeziona l’invenzione di Morse progettando un telegrafo che ha due caratteristiche innovative. Lettere e numeri vengono trasmessi in chiaro e non devono essere convertiti prima della trasmissione e dopo la ricezione in segnali composti da linee e punti. Inoltre, anziché usare il classico tastierino azionato da un dito, si ricorre a una tastiera come quella di un pianoforte in cui ad ogni tasto e combinazione di tasti corrispondono a lettere e numeri. Il che permette di digitare usando tutte le dita e di scrivere molto più velocemente, fino a 1.500 parole in un’ora.
Il Telegrafo favorisce l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, ispira romanzi e racconti di scrittori e scrittrici. Per saperne di più, ci sono le pagine dei “racconti telegrafici”.
archiviostorico@posteitaliane.it