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Fare l'Italia. Sulle linee del Telegrafo, con e senza fili Il telegrafo, la grande invenzione dell’Ottocento, permette di scambiare messaggi via cavo a una velocità che per l’epoca ha del miracoloso.

Nel 1847 il diplomatico austriaco principe Klemens von Metternich definisce l’Italia “un’espressione geografica”.  Nel 1861, anno di nascita del Regno d’Italia, l’Italia è ancora un’espressione geografica. Esiste e resiste ancora lo Stato Pontificio. Trentino, il Friuli orientale e Trieste sono inglobati nell’impero austro-ungarico. C’è chi cospira e trama perché l’unità non si compia.

Ma anche in quei territori che compongono lo stato italiano ordine pubblico e sicurezza sono fonte di preoccupazione. Spostarsi di una quindicina di chilometri significa affrontare un viaggio, con tutti i pericoli del caso. Comunicare è difficile, per l’assenza di una rete stradale e ferroviaria. In queste condizioni, non fare l’Italia è difficile, ma più semplicemente tenerla unita.
Il brigantaggio è una delle piaghe che affliggono il Paese e ne mettono a rischio anche la prosperità economica. In diverse regioni famiglie di briganti impongono “dazi” a chi attraversa i loro territori, assaltano diligenze, dettano legge, si fanno Stato entro lo Stato.

Per tenere unita l’Italia le comunicazioni devono essere veloci. Le disposizioni del Re, del Governo devono raggiungere velocemente chi amministra e chi garantisce l’ordine pubblico e la sicurezza sul territorio. Velocemente le informative dei prefetti devono arrivare al Ministero dell’Interno e velocemente le decisioni prese devono essere comunicate e attuate. Il telegrafo, la grande invenzione dell’Ottocento, permette di scambiare messaggi via cavo a una velocità che per l’epoca ha del miracoloso. Le comunicazioni viaggiano sui fili del telegrafo, di palo in palo, fino a raggiungere tutta l’Italia. Quasi. Il telegrafo si arresta di fronte all’impossibilità di superare il tratto di mare che separa il continente dalle isole: un telegramma diretto da Roma ad Agrigento viene trasmesso via cavo fino a Reggio Calabria; qui viene stampato, imbarcato su una nave che fa la spola fra Calabria e Sicilia, consegnato alle Poste di Palermo, trasmesso alle Poste di Agrigento, stampato una seconda volta e infine consegnato. I cavi sottomarini prima e il telegrafo senza fili, brevettato da Guglielmo Marconi nel 1895, valicano anche i mari.

È per questo che nell’esposizione dedicata ai 160 anni di Poste Italiane compaiono due telegrafi: guarda il servizio del TG Poste. Un telegrafo “Hughes”, dotato di una tastiera come quella di un pianoforte, e un telegrafo “Morse”, quello con il classico tastino con cui battere linee e punti che si decodificano poi in lettere e numeri.
Il Telegrafo favorisce l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, ispira romanzi e racconti di scrittori e scrittrici, italiani e non, ispira anche l’artista futurista Gino Severini. Per saperne di più, ci sono le pagine dei “racconti telegrafici”.
 
 
archiviostorico@posteitaliane.it

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